Attenti a non mitizzare Obama
Di Carlo Pelanda (11-1-2009)
Nel mondo, in Italia sia a destra sia a sinistra, tutti guardano ad Obama come il salvatore. Ma cosa in realtà vorrà e potrà fare?
Barack Obama
ha fatto la sua carriera politica nel Partito democratico di Chicago che assomiglia alla Democrazia cristiana degli
anni ’80. Linguaggi nobili impeccabili che coprono una tecnica iperpragmatica
di gestione del potere. Pensate, per esempio, ai convegni dorotei di un tempo.
Si invita il professore che nella mattinata parla del mondo, cristianamente
ispirato, poi a colazione ci si accorda sul business duro, Cencelli alla mano.
La vicenda dell’asta del seggio senatoriale, prezzo base 1 milione di dollari,
aperta dal governatore democratico dello Stato con capitale Chicago (Illinois)
rende l’idea del sistema. Da un lato, definire Obama come un doroteo di Chicago
forse è licenza italianizzata eccessiva.
Dall’altro, è meglio partire da questa
allegoria piuttosto che da un mito troppo celestiale. Aiuta a valutare con
occhi disincantati l’annuncio di politica economica di Obama. In pratica, un
“faremo tutto”: lavori pubblici a go go, dalle energie alternative alla detassazione,
aiuti alle imprese, riforma del sistema sanitario, nuove scuole, tutto
insomma.. A ben contare, trasformando l’annuncio in numeri, il costo sarebbe
almeno il quadruplo degli 800 miliardi di dollari ventilati. Se facesse
veramente così scasserebbe il bilancio ed il dollaro e, oltre a provocare
un’ondata di inflazione globale, di fatto attuerebbe una svalutazione competitiva
paurosa. Al momento la salvazione obamiana dell’America e del mondo mi sembra
ancora per aria. Se avesse detto “(a) accelero il risanamento delle banche; (b)
metto in priorità la tenuta del mercato immobiliare; (c) detasso per 200
miliardi; (d) gestisco la ripresa calibrandola sul riequlibrio del sistema e
non ricreando lo squilibrio precedente” allora gli avrei dato fiducia piena..
Ma queste parole poco spettacolari e molto tecniche non le ha dette. Quindi, al
momento, mi sembra siamo nel convegno doroteo della mattina, più che al lunch,
cioè in fase di fuffa. Da un lato è ammirevole la capacità politica di usare la
forza carismatica ed il momento di Luna di miele con il mondo per infondere fiducia
in una situazione di massimo pessimismo sia americano sia globale. Dall’altro i
suoi annunci – valuteremo quelli veri dopo il 20 gennaio, ovviamente - svelano
che non ha ancora ben chiaro cosa fare. E che per questo ha detto che farà
tutto. Un altro dubbio sullo stile politico della persona è alimentato dalle
nomine dei collaboratori. Per l’economia ha scelto dei liberisti. Socialisti
per l’amministrazione delle politiche
sociali. Di destra, o comunque repubblicani, per sicurezza e difesa. Tali scelte indicano una grande intelligenza
pragmatica, ma anche l’assenza di una visione propria e l’inclinazione a
“comporre” più che a creare o decidere selettivamente, come invece fecero Reagan e Clinton nel bene e nel male.
Appunto, un approccio “Cencelli”. In sintesi, quello che mi aspetto da Obama sono
soluzioni confuse in economia e tenui, più parolaie che sostantive, in politica
estera. In un sistema globale che sta scivolando verso il disordine e dove
l’America ha meno potere ci vorrebbe un presidente capace di costruire un nuovo
sistema di alleanze ed una pressione dissuasiva/ordinativa con mosse forti. Temo
non ci saranno. Temo inoltre un accordo bilaterale con